Quando il buio è capace di fare anche silenzio io riesco a sentire i tacchi dell’anima passeggiarmi sulla cassa toracica.
A volte sento un freddo equatoriale graffiarmi i fianchi e piegarmi le ossa, ed è proprio in questi attimi che i miei occhi hanno sete di lune quadrate e di lacrime insipide.
Probabilmente se avessi un sole come abat-jour sarebbe più facile addormentarsi e più forte la voglia di mare, ed invece alle 4 del mattino vedo le finestre spente e il mio gatto bisbigliare qualcosa ai croccantini di anatra e coniglio.
In frigo c’è quella birra che desidero da oggi pomeriggio e che non ho ancora bevuto per desiderarla ancora. E’ l’ultima. Le sigarette possono bastare ma ho il terrore di non trovare l’accendino oppure di perdere l’alba.
Giù per strada circolano schiamazzi di stelle cadute e ombre di farfalle sotto i lampioni, il lenzuolo è un cappio intorno al corpo ed avrei voglia di sparire per sempre al di là della notte e di quel vaso di fiori lì sul davanzale.
A volte ci riesco, bastano quattro respiri in più per ogni minuto e un Grand Marnier nascosto accanto alle mie preoccupazioni.
Questa estate è un insulto madido alle mie ascelle, è un passaporto d’aria che mi spinge verso la calura capitolina, è un assegno in bianco postdatato al 32 agosto.
Questa estate è un complotto alla rivoluzione settembrina, transumanza di sogni per scorciatoie impervie. E’ una discesa dove non so rotolare.
Pazienza, vorrà dire che mi legherò al vento se avrò voglia di un walzer e riderò delle montagne quando saranno loro a doversi spostare. Per il momento maledico il cinguettare degli aeroplani e invidio l’imprevedibilità dei terremoti.
Buena vita.
Masa