Quando l’eterno avrà la grandezza di un coriandolo,
quando sarà il mondo a stare fermo e sei tu che dondoli,
quando invece della prima sarà buona l’ultima,
quando il silenzio scavalcherà il muro del suono,
solo allora io troverò la pace,
e solo allora smetterò di amare.

eheheheheheheheh

Cazzo ridi!
E chi ride, io ci sono nato così, e vi assicuro che di meglio non poteva capitarmi.
La mia nuova missione? Avere l’orizzonte ad un metro, il mare in un sorso, la luna in tasca ed il cielo in un respiro.

È passato più di un anno e non posso non constatare che mi comporto con il mio blog esattamente come sempre, breve ma intense intrusioni e convivenze per un libero scambio di emozioni e sentimenti, pensieri e paure, speranze e chimere. Eterne fujtelle di vita e secondi, di tempo e di eternità.

Mi comporto con il mio blog esattamente come faccio con le persone a cui voglio più bene. Poco ma buono, autentico e vero, intenso e devastante, semplicemente piacevole.

La quotidianità, il malaffare emotivo, le rivoluzioni involontarie, mi costringono e mi obbligano al vano tentativo di voler cambiare il mondo, ma il mondo cambia con le persone, e le persone che spesso, ma non volentieri mi circondano, sono merda di goblin.

L’ultima volta che ho visitato il mio blog c’erano 7.000 contatti, oggi ce ne sono più di 13.000. Scusate il ritardo.

È trascorso più di un anno e l’inchiostro atrofizzato fa fatica a sciogliersi, la giornata di oggi è un rottame di ore corrose dalla neve, fiocchi gracili come lacrime di cemento.
Le ho partorite l’altra sera, lacrime di cemento, più che salate direi arrugginite, il mio dentista ne ha trovato frammenti fra il molare e la gengiva.

L’ultima volta che ho sorriso è stato pochi istanti fa, il mio gatto è inciampato sulla coperta schiantandosi sul pavimento come una mosca bastonata.

È un periodo maldestro, ritorno all’affannato blog con un fardello di pensieri e un trilione di respiri in più.
La mia valigia ha ricordi di ferie lontane e una tracolla lucida pronta per la partenza. Stasera mi sento come un castoro nel deserto, una scimmia imbalsamata, un leone nel nido, un pinguino all’equatore, un vibratore in tasca.

Stasera ho poco fiato, un filo di voce che sta per spezzarsi, nevica! E quanto cazzo nevica.  Oggi in palestra mi sono dilaniato.
Dilaniato per non pensare, dilaniato per scaricare a terra una mandria imbufalita di nervosismi testicolari, sono entrato che avevo due zebedei come due vasi cinesi, delicatissimi.
Stasera mi sento come un faro in montagna, uno sputo di neve sulla cresta dell’onda, stasera mi sento come un ponte di dieci centimetri, un salto nella luce, un’ostia di pistacchio in un chilo di mortadella.

Eppure oggi sarebbe bastata una rivoluzione in silenzio e un urlo soffocato sotto la lingua.

Premessa.

In realtà non meriteresti neppure queste poche righe, ringrazia la mia officina di piccoli disastri verbali nella quale, ahimè, inciampasti perso nella tua bassezza e nella tua inettitudine.

Se fosse per me tu non meriteresti neppure un foglio bianco.

Perché tu non sei una merda, tu sei una grandissima merda.
Se fossi ceramica saresti un cesso.
Se fossi un organo saresti un testicolo.
Se fossi cibo saresti vomito.
Se tu non fossi una gallina probabilmente capiresti ciò che ti sto scrivendo.
Posso accettare di avere un capo, ma non un padrone (Yaeco docet)

Se tu fossi un animale saresti una zanzara, innocua ma tanto fastidiosa.
Se fossi aria sentirei una scorreggia.
Se fossi un verbo suppongo fece.
Se fossi un collezionista, io direi di stronzate.
Se fossi un oggetto? un pappagallo sanitario.
Se tu non fossi tutto ciò che sei, probabilmente saresti un uomo.

La merda: il tuo tempo è il mio
Masa: (ho fatto finta di non ascoltare)
La merda: è un ordine
Masa: vaffanculo
La merda: se ti punto una pistola alla testa fai come dico io o no?
Masa: no

Cronaca di una dimissione annunciata.

Buena vida

Masa