MALATEMPORA. 22° giorno di quarantena.

Oggi ha tutta l’aria di essere una bellissima giornata di merda.

Da qualche ora sono afflitto da un disturbo della defecazione caratterizzato da un aumento di feci superiore ai 200 g con diminuzione di consistenza e di frequenza della scarica dell’alvo intestinale. Gli intenditori la chiamano diarrea.

Motivo in più per accartocciarmi nel plaid e provare con uno slancio di fiducia l’autoipnosi.

Sapete, mi piacerebbe scandagliarmi l’inconscio per cercare di capire da dove arriva tutto questo malessere interiore. Sono convinto infatti che la diarrea sia un segnale inconfutabile, un allarme, una sentinella che mi avverte che qualcosa dentro di me ha bisogno di cura.

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Stasera ci vorrebbe un po’ d’erba. Così, tanto per gradire e per far compagnia a Joseph che mi fuma in faccia dall’altra parte del monitor.

In verità nel monitor ci sono anche Tommy detto Tommy e Jerry detto Jerry, due amici di vecchia data con i quali ho condiviso gran parte della mia vita. Peccato la distanza che di certo non favorisce i baccanali di una volta.

Tutti condividiamo la medesima situazione. Emergenza Coronavirus.

Viviamo segregati in casa, chi lo avrebbe mai detto. Una situazione del cazzo la cui decenza non conosce limite.  Un po’ come quella di Barbara D’Urso. Liveeeeeeee, non è la D’Urso … beh non è la D’Urso ma fa schifo uguale.

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Non lo ricordavo. Giuro. Non ricordavo di aver conservato dei giornaletti pornografici. Eppure sono sbucati fuori dalla scatola che da anni custodisco in garage sotto un manto di polvere e il carrellino della spesa. La stessa scatola che ho deciso di disseppellire durante questi giorni di quarantena.

Mi è bastato sfogliare qualche pagina per far sì che la memoria riportasse alla luce uno ad uno tutti gli amici del quartiere San Michele dove ho trascorso la mia adolescenza.

La mia adolescenza? Partite a pallone e interscambio di giornaletti pornografici. C’erano quelli a fumetti che nessuno voleva, poi c’erano Gin Fizz, Bliz, Le Ore, Penthouse e Vestro, che arrivava per corrispondenza. Se avessi sfogliato il libro di italiano come ho sfogliato Vestro, a 14 anni avrei vinto il Nobel per la letteratura.

Ogni volta che il postino lo portava a casa mia madre chiamava i vigili del fuoco per farmi uscire dal bagno.

Una rivista che pesava 12 chili. Un’enciclopedia di roba da comprare, centinaia di pagine con occasioni d’acquisto imperdibili, ma 10 e solo 10 erano le pagine fondamentali. L’intimo femminile.

In ordine di apparizione prima i body, poi le pagine con i reggiseni, poi quelle delle mutandine e poi le calze. Un massacro.

C’erano quelle fotine una dietro l’altra dove vedevi solo il reggiseno e un po’ di spalle, ma poco poco si intravedeva la forma, il colore, la sfumatura di un capezzolo che filtrava tra i merletti e i pizzi era finita. Zabaione e palle di zucchero dalla mattina alla sera.

Per non parlare poi delle mutandine. Non esistevano tanga, perizomi e brasiliane. All’epoca ci stavano le mutande e basta! Che poi non era come adesso. Prima c’era un po’ il culto del pelo abbondante, e allora si vedevano queste chiome folte e rigogliose che una mutanda bianca sembrava nera.

Non esiste un posto in casa mia dove non abbia nascosto un giornaletto pornografico. Sotto i materassi, dietro l’armadio, dietro i cassetti, sotto la lavatrice, dentro al videoregistratore. A casa avevo tanti di qui giornaletti porno che l’edicolante è andato in pensione a 35 anni, il mio oculista a 40.

Dietro il lavandino mi ricordo che finivano i giornaletti migliori, Edwige Fenech, Laura Antonelli, Lory Del Santo, Tinì Cansino.  Tutte! Io sono stato con tutte! le ho amate tutte, notte e giorno, giorno e notte.

Che poi in realtà la nostra rovina, mia e dei miei amici, fu quando iniziarono ad uscire le prime videocassette porno. Moana e Cicciolina, Ramba, Tracy Lord, Lilli Carati, io e gli amici miei c’incontravamo puntualmente in ospedale, chi con il polso rotto, chi con il braccio slogato, la spalla lussata, davvero un massacro.

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Avrei fatto meglio ad accettare l’invito nella chat con gli amici. Una risata, una cazzata e poi a letto per la nanna, buonanotte sogni d’oro, ma sul cuscino le stesse paranoie della notte prima.

Stasera la mia paranoia si è concretizzata nel sito dell’INPS. Una domanda che si compila in 30 secondi io c’ho impiegato 48 ore, 2 giorni. Ma comprendo.

Io sono uno dei 5 milioni con Partita Iva cui spetta l’indennità COVID-19 di € 600 euro. € 600 euro già spesi per l’affitto di casa, ma comprendo.

Stato di emergenza, epidemia virale, pandemia … io c’ho pensato. Io c’ho pensato alla morte. E stasera che sono felice ve ne voglio parlare.

Sono sincero, non ho mai pensato di morire di COVID, però una volta ho avuto paura di morire ascoltando una canzone di Carla Bruni, fortuna me la cavai con un triplice attacco di diarrea. Carla Bruni? non comprendo.

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Giro di clessidra ultimato, Masa n. 10 vi dà appuntamento alla prossima settimana con un’altra ora di entusiasmanti elucubrazioni mentali. Vi ricordo che per chi avesse problemi di stitichezza può riascoltare la puntata su masanumero10.it e sulle peggiori pagine social mai esistite nella storia antropologica finora conosciuta. Nell’attesa vado a spalmarmi sul divano alla ricerca di Nemo. Ciao guagliù … buona vida, Masa

 

ASCOLTA i podcast di MALATEMPORA (cuffiette consigliate)Voce: Francesco Cavuoto Audio editing: Masa