Non ricordo che ore fossero però ricordo che la sveglia non fu generosa con me.
Trillò fino all’ultimo sbadiglio, poi caffè, bagno e doccia. Il biglietto del treno era già nello zaino.
L’appuntamento con Gianandrea era fissato in radio per le 8 e avrei dovuto intrattenerlo fino all’arrivo dell’editore che, alle 5 del mattino, preannunciava il suo ritardo con un sms.
Gianandrea era il responsabile marketing della Old Wild West, la catena di steakhouse italiana ambientata nel far west. Specialità di carne ovviamente.
Pochi mesi prima avevo sentito lo spot su radio Deejay, ed essendo un appassionato di Spaghetti Western e un accanito fan di Trinità, ero curioso di sapere cosa avesse in mente Gianandrea per l’apertura dell’Old Wild West di Pesaro.
Io a quei tempi ero un copywriter freelance, vivevo a Napoli e per lavoro viaggiavo spesso in treno. Mi presentai a lui mentre un occhio lo guardava e l’altro pensava ad altro, non ricordo a cosa. Forse al tafanario di quella ragazza al binario 3.
Il briefing fu veloce e indolore. Gianandrea era un ragazzo simpatico, con le idee chiare e un progetto ben fatto. Caratteristiche prodotto, target, obiettivo e budget, nonché l’esigenza di dover continuare sul filone western. Una scelta piuttosto naturale che comunque mi mise a mio agio.
Proposi subito una campagna teaser, a seguire uno spoiler e per concludere uno spot con tutte le info finali. A Gianandrea l’idea piacque subito moltissimo. Metà del lavoro era fatto.
– Per quando serve?
– Per ieri. Il ristorante apre fra meno di 2 settimane e la campagna affissioni parte fra 7 giorni
E fu così che una folata d’ansia spazzò per sempre il mio agio mentre l’editore, che nel frattempo ci raggiunse in radio in evidente fase REM, mi guardò e disse “pensi a tutto te vero?”
La folata d’ansia si trasformò in uno tsunami di palle rotanti. Ma come al solito contai su di me.
Avevo 2 giorni e 2 notti per scrivere i testi, organizzare il casting per le voci, selezionare musica ed effetti, pianificare la strategia di messa in onda, sincronizzare la campagna radio con l’uscita dei 6×3 e, impresa titanica, convincere il fonico che nella vita ci sono urgenze che poco si incastrano con i locali notturni, la musica dance e i gin tonic.
Poi però accadde qualcosa. Qualcosa di inaspettato che dimezzò i due 2 giorni e le due notti in un solo miserabile giorno e in una sola brevissima notte.
L’incontro che feci sul treno del ritorno cambiò i miei programmi senza preavviso e senza che potessi fare nulla per evitarlo. O meglio, qualcosa avrei potuto fare ma non l’ho fatto.
Incontrai Augusta, una ragazza di San Benedetto del Tronto, compagna di corso all’università e della quale ero profondamente innamorato senza che lei ne avesse mai avuto il minimo sospetto. Andava a Napoli a trovare un’amica in occasione di quello che sarebbe stato l’ultimo concerto dei 24 Grana prima dell’abbandono di Francesco Di Bella, il frontman.
Sapevo del concerto ma l’appuntamento con Gianandrea mi fece rinunciare in partenza.
Bastarono un pugno di arachidi e una birra nel vagone ristorante per farmi cambiare idea. In realtà a farmi cambiare idea fu il profumo di Augusta e quella bellezza rara che mi faceva ammutolire il cuore.
Non la vedevo da almeno 15 anni. Sparì dai miei radar subito dopo la sua laurea senza mai essere riuscito a rivolgerle una parola che non fosse “hai le dispense di storia medievale? e se mettessi geografia nel piano di studi? in che aula c’è storia dell’arte moderna?”. Per 4 anni le parlai come una matricola in evidente stato di difficoltà, che pur essendo in facoltà non era in grado né di intendere e né di corteggiare.
Frequentava un ragazzo più alto di me, più biondo di me e con gli occhi verde mare, si chiamava Francesco e a calcetto giocavamo spesso contro. Era forte ma io di più. E che cazzo.
Una volta lo scioccai con un doppio tunnel e successivo gol al sette proprio davanti a lei, seduta sulla panchina intenta a mescolare il suo profumo alla scia del nostro sudore.
Una volta però, nel girone infernale del Bar Alcatraz, ci guardammo negli occhi per un tempo indefinito, sembrava volesse dirmi qualcosa, bisbigliarmi un segreto, confessarmi un peccato, poi abbracciò Francesco e andò via continuandomi a parlare con lo sguardo.
Io gli occhi li so leggere. E nei suoi c’era scritto ciò che non fu mai letto. Continuai a pensarla per un po’, mentre un fiume di dannati e Sambuca mi trascinava verso la notte del Tartaruga. Era giovedì. Un giovedì sera. E fu l’ultima volta che la vidi.
Dopo qualche anno lessi un web article di una testata giornalistica abruzzese. In coda all’articolo c’era la sua foto, che salvai, e il suo indirizzo mail.
Le scrissi, racimolai un po’ di coraggio e spronato da un J&B senza ghiaccio le confessai grottescamente i sentimenti infranti di uno studente impacciato. Non ebbi mai risposta. E io non le scrissi più.
Non le scrissi neppure quando sbucarono i primi social network. La cercai su Facebook e la trovai. Curiosai nel suo diario per qualche istante, fino a quando le sue foto non mi svelarono una moglie, una mamma e una giornalista professionista.
No, non le scrissi più, nonostante la sua bellezza incantasse la mia penna.
Ero di spalle e cercavo un posto accanto al finestrino, lei mi riconobbe e mi chiamò. Mi girai convinto di non conoscere quella voce, poi la vidi e svenni in braccio al controllore. Superato l’imbarazzo per il deliquio provai a sistemare sulle labbra un sorriso che non fosse da ebete, ma fu tutto inutile.
Il respiro si fermò a metà strada, tra il pomo d’Adamo e l’ugola. Per qualche secondo i miei pensieri si mischiarono in testa come bastoncini di Shangai.
In breve tempo provai a mettere in ordine una scorta di sillabe, un po’ di vocali e di consonanti coraggiose, ma le uniche parole che riuscii a formulare furono
– “Augusta … il tuo manuale di italiano ce l’ho io”
– Cretino vieni qui!
Il tono confidenziale di Augusta anestetizzò il tremolio delle mie gambe che avevano iniziato a ballare il twist per effetto di una fortissima tachicardia. Subentrò poi una palpitazione tenue che mi permise di raggiungerla e salutarla. Il suo profumo era diverso, ma non glielo dissi.
Quella piacevole palpitazione continuò per tutto il viaggio e rimase immutato fino all’invito al concerto. Dopodichè il cuore iniziò a contorcersi di nuovo come un Brucomela in un parco giochi.
Non ricordo quanto tempo impiegai per tornare a casa. Ricordo solo che prima della doccia svuotai lo zaino e sistemai il briefing dell’Old Wilde West sul comodino. Caffè, bagno, doccia. Il biglietto del concerto era già nella mia mail.
Prima di raggiungere Augusta alla Casa della Musica decisi di passare al Bar del Sole per un aperitivo frugale e un saluto alla compagnia.
Il Bar del Sole è una bettola frequentata da persone, come dire, diversamente lucide. Che però nella loro follia si sono sempre rivelate grandi ispiratori di storie. Passai di lì con la speranza di intercettare un embrione di idea che potesse trasformarsi magicamente nella campagna radio dell’Old Wild West.
Di aperitivi ne bevvi sicuramente più di tre, tutto merito di un tipo con cui iniziai a parlare per caso mentre al bancone aspettavamo la stessa consumazione. Moscow Mule.
A dire il vero iniziai a parlare prima con sua moglie che mi chiese da accendere, e poi con lui, un ragazzo sulla trentina con madre riminese e padre tedesco.
– Germania? e di dove?
– Aquisgrana
– Aquisgranaaaaa! Cazz … pace di Aquisgrana … guerra di successione austriaca!
Il tipo stentò a credere alle mie parole.
– Conosci Aquisgranaaaa!? Ripetè dalle 30 alle 60 volte
– Pace di Aquisgrana, 18 ottobre 1748, Francia e Spagna contro Austria, Inghilterra e Olanda … 3 a zero! Partita a senso unico. I know Aquisgrana, ma non ci sono mai stato
– Kaiser! e così dicendo mi offrì da bere per due ore.
Simpatico, tifava Bayern Monaco, avrei detto un tipo tranquillo almeno fino a quando, sulla soglia del bar, mi fermò per un braccio, mi guardò negli occhi e dopo un rutto al mulo di Mosca mi sussurrò
“ti va di scoparti mia moglie?”
Il potere persuasivo del Moscow Mule mi accompagnò fino al distributore di sigarette poco distante che però non accettava la mia tessera sanitaria. Chiesi al tipo di prestarmi la sua mentre la moglie nel frattempo mi sorrideva specchiandosi nel ghiaccio del suo bicchiere.
Grazie amico, ma stasera mi sposo.
Quella sera non mi sposai. Nonostante Augusta fosse bellissima e il concerto uno dei miei preferiti.
Però quel bacio non lo dimenticherò mai. Perché fu lo stesso che ci accompagnò, con il nulla osta dell’amica, fino al portone di casa sua.
Passione, paura, eccitazione e sindrome di Stendhal mi spinsero per 4 piani di scale fino a raggiungere un appartamento grazioso e illuminato flebilmente dalle prime luci dell’alba.
Ciò che accadde quella notte non ha parole né spiegazioni, non ha un senso e non ha un perché, non lo aveva per noi e non lo aveva neppure per l’alba che ci stava a guardare. L’unica cosa che desideravo era vivere quell’emozione, quel sogno, quella splendida tachicardia.
Ma c’era un problema. La mia eccitazione aveva superato i limiti consentiti dalla legge e mi accorsi in un istante che la bellezza nuda di Augusta non mi avrebbe lasciato molto scampo. Volevo che quel momento non finisse subito, che fosse interminabile, non volevo che il mio piacere anticipasse il suo.
Pensiero parallelo.
Questo andava fatto.
Un pensiero parallelo. Un vecchio trucco di scuola.
Alle scuole medie il mio compagno di banco si chiamava Fabrizio ed aveva la capacità di farmi ridere in qualsiasi modo, in qualsiasi momento, con qualsiasi cosa. Per questo motivo era il mio compagno di banco.
Durante le spiegazioni, quando tutti erano in silenzio, si divertiva a farmi sbottare in risate fragorose. Con il tempo, e soprattutto dopo l’ennesima nota sul registro, imparai a sviluppare il pensiero parallelo.
Per non ridere dovevo pensare a cose brutte. La morte di un parente, le guerre, la fame nel mondo.
Per cui, se non volevo capitolare rovinosamente alla prima intervista di Augusta, cominciai a pensare alla produzione degli spot per l’Old Wild West.
Iniziai quindi a immaginare l’ambientazione, i personaggi, la musica, gli effetti. Passai in rassegna una dopo l’altra tutte le scene cult di Sergio Leone, le musiche di Morricone, le battute di Clint Eastwood e i cazzotti di Terence Hill. Nella mia testa si stava componendo un puzzle di piccoli spunti ai quali però mancava un tassello per unirli tutti.
A trovarlo mi aiutò Augusta che, afferrata la mia pistola, mi guardò bisbigliando con voce felina
“esprimi il tuo ultimo desiderio”
Eccolo qui. Magia. Il tassello che mancava.
“Una grigliata di carni argentine” le risposi.
Dopo quella notte Augusta sparì nuovamente dai miei radar. Ma la grigliata non c’entra nulla.
Facemmo l’amore finchè il sole non fu quello delle 3 di pomeriggio. Mi svegliai che la sua valigia era già pronta sul letto. Mi chiese di accompagnarla in stazione mentre una strana fibrillazione tornava a impadronirsi del mio sistema emotivo centrale, il suo profumo però mi ricordava che la vita è bella.
Il treno era in maledetto orario e quell’abbraccio durò il tempo di un istante infame.
Lei sorrideva, mi accarezzò la guancia e mi guardò con gli stessi occhi di quell’ultima volta. Li riconobbi subito, io gli occhi li so leggere. E nei suoi c’era scritto ciò che non mi fu mai letto.
Augusta mi aveva lasciato una lettera nel manuale di Italiano che mi prestò per l’esame. Io quell’esame non l’ho mai dato, quel libro non l’ho mail letto, e quella lettera è ancora lì, con la sua storia d’amore che mai fu.
Sul binario 5 rimasi così, come un imbecille che guarda il vuoto e non sa come riempirlo. Come un orfano di palpitazioni tenue a cui sono rimaste 36 ore per consegnare il lavoro per l’Old Wild West.
Certo, avevo l’idea per gli spot, la musica, l’ambientazione, avevo definito gran parte della creatività ma, dovendo ancora scrivere i testi, non avevo tempo a sufficienza per il casting voci.
Due voci maschili? Tre? Due maschili e una femminile? L’unica soluzione era la più scontata: Francesco Cavuoto.
Francesco è una voce caratterista in grado di modulare qualsiasi timbro, suono e verso, come se in gola non avesse delle corde vocali, ma un sintetizzatore. Per cui affidai le voci dei protagonisti a lui, e la parte informativa ad una voce femminile giovane e briosa.
In 24 ore riuscimmo ad avere l’approvazione dei testi, i bianchi di Francesco (magistrale nella doppia interpretazione) e riuscimmo a montare gli spot a distanza senza che alcuna modifica venisse richiesta.
Buona la prima. Gianandrea ne fu molto contento.
Da quella campagna pubblicitaria e da quella notte sono passati altri 5 anni. Adesso, ogni volta che mi capita di tornare all’Old Wild West ci sono sempre 3 pensieri ad accogliermi all’ingresso:
Augusta, l’ultimo desiderio e una grigliata di carne argentina.
1) SOGGETTO TEASER
Ambientazione western (fx cavallo al galoppo, pistolettate, sound & voice effects)
Voce maschile calda, profonda – Tono perentorio
Ehi gringo … (fx colpo di pistola) … preparati … mancano solo pochi giorni …
2) SOGGETTO INAUGURAZIONE
Ambientazione western (fx cavallo al galoppo, pistolettate, sound & voice effects)
Voce maschile 1: impostata, calda, profonda
Voce maschile 2: voce caratterista
Vm1: (tono deciso, perentorio, autoritario):
Ehi gringo … (colpo di pistola) … ci siamo … esprimi il tuo ultimo desiderio
Vm2 (entusiasta, allegro): … una grigliata di carni argentine all’ OLD WILD WEST …
(come sopra): Ehi gringo (colpo di frusta) … mi prendi in giro?
Vm2 (simpatico, buffo): sìììììì … va bene anche un maxi hamburger!
Voce femminile istituzionale
Prossimamente anche a Pesaro, OLD WILD WEST, la steakhouse numero 1 in Italia!
3) SOGGETTO POST APERTURA
Ambientazione western (fx cavallo al galoppo, pistolettate, sound & voice effects)
VM1 (come sopra): (colpo di pistola) Ehi gringo … il tuo ultimo desiderio è stato esaudito e il maxi hamburger è piaciuto anche a me … ma adesso è giunta la tua ora … (cambio tono, simpatico, buffo) … a meno che tu non voglia offrirmi un’altra cena all’OLD WILD WEST!
Voce femminile istituzionale
Finalmente anche a Pesaro, in un locale tipicamente western, OLD WILD WEST! la steakhouse numero 1 in Italia! Carne argentina, costate irlandesi, maxi hamburger, piatti tex mex … anche da asporto! OLD WILD WEST, tutti i giorni a pranzo e cena, a Pesaro, davanti all’Adriatic Arena.
spot teaser
spot apertura
spot finale
Questo post NON è sponsorizzato. Il contenuto è liberamente ispirato a fatti realmente accaduti negli anni, durante la mia attività di copywriter pubblicitario.